TEORIA DEGLI ANTICHI ASTRONAUTI – INDIZI ARCHEOLOGICI DELLA PRESENZA EXTRATERRESTRE IN EPOCHE PASSATE – PRIMA PARTE

CATEGORIA: ANTICHI ASTRONAUTI

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Durante la Seconda Guerra Mondiale, alcune tribù di aborigeni della Micronesia, che fino a quel momento storico non avevano mai avuto nessun tipo di interazione con l’uomo bianco, e che chiaramente non avevano mai visto dei velivoli aerei o delle navi da guerra, ebbero modo di osservare le flotte giapponesi e statunitensi scontrarsi in battaglie navali e trasportare grandi quantità di merci e cibo. Ebbene, al finire della grande guerra, quando le basi militari dell’Oceano Pacifico furono chiuse e di conseguenza cessò il rifornimento di merci, quelle remote tribù, diedero vita ad un nuovo culto religioso che chiamarono “Culto del Cargo”. Questa strana religione locale, divenuta famosa nel “mondo occidentale” soprattutto negli ultimi anni grazie ad alcuni documentari e a diversi articoli presenti su riviste e vari blog, nacque proprio per attrarre nuovamente quegli aerei e invocare nuove consegne di merci. I credenti del Culto del Cargo, istituirono rituali e pratiche religiose, come la riproduzione grossolana di piste d’atterraggio, aeroplani e radio. Inoltre, durante le loro cerimonie, venivano imitati i comportamenti osservati presso il personale militare che aveva operato sul luogo. Incredibilmente, i soldati americani divennero le loro divinità, proprio come accadde ai primi conquistadores che sbarcarono nel sud America dopo la sua scoperta ufficiale del 1492.

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Culto del Cargo – immagine (link)

Questo ci fornisce una chiara idea, di quale potrebbe essere le nostra reazione, o le conseguenze dell’arrivo di individui sconosciuti, e tecnologicamente più avanzati di noi. Probabilmente, come gli aborigeni del Pacifico o i popoli del Nuovo Mondo, anche noi crederemmo che quegli “strani” personaggi siano delle divinità, degli esseri superiori, degli extraterrestri. E questa convinzione sarebbe ancora più forte se fossimo vissuti in tempi antichi, o se abitassimo anche noi in regioni remote del mondo, dove i culti religiosi sono ancora molto sentiti e praticati.

In questo articolo, troverete alcuni indizi archeologici forniti dai sostenitori della “Teoria degli antichi astronauti”, statuette, bassorilievi o ad esempio sculture, che secondo loro, indicherebbero una presenza extraterrestre nel passato dell’umanità. I sostenitori di questa controversa teoria (fra i più noti troviamo Erich von Däniken, gli ormai scomparsi Zecharia Sitchin e Peter Kolosimo, o Giorgio A. Tsoukalos) affermano che le civiltà di tutto il mondo antico, avevano l’abitudine di associare ai velivoli extraterrestri che ogni tanto vedevano volare nei cieli, termini come “uccello di tuono”, “drago volante”, “carro celeste”, ovvero nomi di animali o di oggetti ben presenti nell’immaginario di quei popoli, e che evidentemente avevano una corrispondenza con il design o la funzione di quegli oggetti volanti. Come quando gli indiani d’America, vedendo per la prima volta una locomotiva, la chiamarono “cavallo di ferro fumoso”, proprio perchè il loro unico mezzo di trasporto conosciuto era il cavallo. Ma sempre secondo questi ricercatori “alternativi”, non si sarebbe trattato chiaramente ne di un drago volante, di un rapace gigante, di un cavallo alto nitrente ne tantomeno di un carro celeste, ma di veri e propri Ufo.

Questa considerazione però, a mio parere, vale anche al contrario, mi spiego meglio. Se analizzassimo un reperto antico, e ai nostri occhi dovesse ricordare ad esempio un astronauta, un alieno, qualche sorta di velivolo o un razzo spaziale moderno, ciò non significa che questo rappresenti realmente quel genere di tecnologie. Il consiglio che vi do, è di non essere troppo affrettati nell’attribuire interpretazioni che fanno parte del nostro immaginario moderno, ad immagini, rappresentazioni o simboli delle culture del passato. Dovremmo infatti prima considerare le esperienze, i simboli e in generale la cultura di certi popoli. Spesso, le interpretazioni fornite da certi “alternativi” a mio parere risultano coerenti esclusivamente con la nostra logica moderna, e tralasciano il simbolismo di quella antica cultura presa in considerazione. In altri casi invece, i reperti presentati, si sono rilevati dei veri e propri falsi, ecco perchè questo discorso sarebbe realmente da approfondire a dovere, ma “preso con le pinze”. Ciò non esclude però, la possibilità che qualche popolo del passato, abbia voluto realmente rappresentare con le loro opere, velivoli e astronauti con la quale forse, ebbero anche un’interazione. Dopo queste considerazioni, passiamo all’analisi di vari indizi archeologici interessanti, proposti dai sostenitori della teoria degli antichi astronauti.

I COSMONAUTI DI CUENCA

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Questi particolari manufatti, provengono dall’Ecuador, e sono tutt’ora esposti in alcuni musei situati nei pressi di Cuenca, ovvero la piccola città in cui nel 1927, si trasferì Padre Carlo Crespi, un prete missionario milanese nato nel 1891, che dedicò gran parte della sua vita ad opere di carità, vivendo al fianco degli indigeni locali, come la tribù dei Jibaro, che come segno di riconoscenza e di rispetto, donarono nel corso degli anni a Padre Crespi centinaia di particolari manufatti archeologici, che a loro dire, li avrebbero rinvenuti nella cosiddetta “Cueva de los Tayos” (in spagnolo), ovvero una caverna molto profonda, situata in una regione remota dell’amazzonia conosciuta come Morona Santiago. Questa misteriosa grotta, divenne famosa nel 1976, quando venne organizzata un’importante spedizione al suo interno, condotta da Stanley Hall, un ricercatore scozzese, e alla quale partecipò addirittura Neil Armstrong, il primo astronauta che mise piede sulla Luna nel 1969. Riguardo a questa spedizione, si dice che l’astronauta riferì che i tre giorni nei quali rimase all’interno della grotta, furono molto più significativi del suo leggendario viaggio sulla Luna. Cosa avrà visto di tanto interessante? Padre Crespi, inizialmente custodì in segreto quei reperti, soprattutto per la paura che qualcuno potesse appropriarsene sottraendoli inoltre alle tribù di indigeni, poi nel 1960, grazie ad un’autorizzazione da parte del Vaticano, riuscì a creare un museo nella missione salesiana di Cuenca, dove anche noi finalmente, avremmo potuto ammirare le misteriose opere rinvenute dagli indigeni locali. Ma quando Crespi morì nel 1982, il “Museo Crespi” venne chiuso, e i reperti al suo interno, in qualche modo furono saccheggiati da sconosciuti. L’UNESCO, all’epoca definiva il centro di Cuenca come patrimonio mondiale, e fortunatamente, dalle culture che sorsero in quell’area geografica, vennero comunque portati alla luce diversi manufatti davvero intriganti, come alcune statuette, oggi conservate al Museo nativo (Museo de los Aborigenes) a Cuenca, che sembrano in tutto e per tutto raffigurazioni moderne di astronauti con tanto di caschi e tute spaziali, mentre altri sono provvisti di vere e proprie ali. Per gli esponenti dell’archeologia ufficiale, si tratta di raffigurazioni di divinità. Ma chi erano questi dei? Per alcuni ricercatori la risposta è semplice, degli antichi astronauti che visitarono il nostro pianeta centianaia di anni fa. Ma facendo una ricerca approfondita sui popoli che realizzarono questi particolari manufatti, ovvero le culture Jama Coaque, o Chorrera, scoprirete che esse realizzarono molte altre statuette di uomini che indossano particolari copricapi, e abiti decisamente stravaganti, magari non proprio simili ai “cosmonauti” in questione, ma sicuramente, questo può darci un’idea, di che genere di abbigliamento indossassero i membri di quei popoli antichi, cosa fondamentale se si vuole dare un’interpretazione il più coerente possibile. Link immagini: linklink Link utili: Museo di Cuenca – Padre Carlo CrespiVideo dei reperti custoditi da Padre Carlo CrespiVideo della Cueva de los Tayos

LA STELE DI EL BAUL

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La “Stele di El Baúl”, è una strana scultura trovata durante alcuni scavi archeologici  nell’omonimo sito situato in Guatemala, è stata realizzata da alcuni scultori Maya, e secondo i sostenitori della teoria degli antichi astronauti, è uno degli indizi archeologici più interessanti, che indicherebbe probabilmente la presenza di qualche avventuriero spaziale nel passato del Mesoamerica. L’intaglio su questa stele mostra una scena interessante e decisamente particolare: uno strano individuo è in piedi di fronte ad un altro che sembra invece essere accovacciato, o in ginocchio. Nelle mani di entrambe le figure ci sono due oggetti rotondi, che sembrerebbero delle specie di sfere. Ma la parte più interessante di questo intaglio la si trova nella zona della testa del personaggio principale, che sembra indossare una sorta di “casco”, che secondo gli accademici dovrebbe raffigurare una maschera di giaguaro, si può chiaramente vedere il muso e la bocca, dalla quale inoltre esce una specie di fiamma. La cosa più curiosa è il tubo che parte dal “casco” e finisce in una scatola sul dorso della figura, che effettivamente, ai nostri occhi influenzati da un “immaginario moderno”, potrebbe sembrare proprio il classico tubo di respirazione di un qualsiasi casco spaziale. Ma l’archeologia ufficiale, sembrerebbe avere una spiegazione per quanto riguarda il particolare abbigliamento dei personaggi ritratti in questa scena, secondo loro, si tratterebbe infatti di due giocatori di baseball, uno degli sport praticati dai Maya, e ciò che indossano non sarebbero altro che delle specie di protezioni per il corpo, un po’ come quelle dei giocatori di baseball di oggi, e quelle nelle loro mani, sarebbero semplicemnete le palle da gioco. Come vedete, vi ho fornito due tipi di interpretazione, e una sembrerebbe più coerente dell’altra, ma come già detto, si può essere liberi di credere ed interpretare liberamente le opere, e in un certo senso, a mio parere, tutte le interpretazioni finiscono per avere lo stesso valore. Link immagini: link  Link utili: Giocatori di Baseball – Stele di El BaúlEl Baúl

LA TOMBA DI RE PAKAL

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Re Pakal, sovrano di Palenque nel VII secolo, fu un potente leader Maya, nonchè uno dei personaggi più enigmatici di questa antica cultura del Mesoamerica. Di lui ne abbiamo già parlato in questi articoli (linklink). Il suo sarcofago, è adornato con incisioni che sono diventate un esempio classico di arte Maya. Gli archeologi tradizionali, ritengono che l’illustrazione incisa su di esso, raffiguri la discesa di re Pakal nel mondo degli inferi dei Maya. Ma per i teorici degli antichi astronauti, ciò che si vede nella scena, è un uomo intento a pilotare una specie di capsula, con una sorta di maschera sul naso, con le mani che sembrano manipolare una serie di tasti o comandi, il tallone del piede sinistro va ad incastrarsi in una specie di pedale, e fuori dalla caspula, nella parte posteriore, si vede una fiamma fuoriuscire da ciò che secondo i seguaci della controversa teoria, sarebbe una specie di motore. Io che ho visitato le rovine di Palenque, vi posso garantire che tutte le guide e i ricercatori del posto confermano ciò che ci dice anche l’archeologia tradizionale, ovvero che quella strana illustrazione, non è altro che la rappresentazione del viaggio dopo la morte di re Pakal, e ciò che viene interpretato come una sorta di velivolo, non sarebbe altro che il tipico “albero della vita” Maya, (che ritroviamo però stranamente in tutte le culture del mondo) composto da diversi simboli appartenenti a quella stessa cultura. Ora, se c’è una cosa che ho capito, studiando ed approfontendo alcune tematiche legate ai popoli antichi, è che ogni archeologo accademico, una volta assimilati i dati corretti e fatte le dovute considerazioni, non fa altro che fornire una semplice interpretazione e teoria, che in alcuni casi può risultare coerente, ma molte altre volte no. Non a caso gli esperti accademici di ogni tematica, come per l’egittologia, la sumerologia o il popolo Maya, non sono mai d’accordo fra loro, ognuno fornisce la propria idea, e rifiuta naturalmente quelle proposte dai colleghi. Ma allora chi di loro ha ragione? Tornando all’illustrazione sul sarcofago di re Pakal, io non so cosa abbiano voluto realmente dirci i maya quando realizzarono questa scena, e non so cosa rappresenti realmente l’Albero della Vita. E’ solo un insieme di simboli, o come sostengono i teorici degli antichi astronauti, una sorta di velivolo spaziale? Lascio a voi le conclusioni. Link immagini: linklink – link Link utili: PakalPakal – Capsula spaziale

GLI STRANI FLAUTI MAYA

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Rinvenuti a Vera Cruz, in Messico, e oggi conservati presso il Museo de Young di San Francisco, questi oggetti della lunghezza di circa 30 cm, dovrebbero essere semplicemente dei flauti maya, ma secondo alcuni ricercatori, si tratterebbe della raffigurazione di piloti a bordo di strani velivoli, simili ad Hovercraft di tipo moderno. I piloti che quidano questi presunti “mezzi volanti”, indosserebbero anche una sorta di casco, una tuta pressurizzata e dei guanti. Questa, secondo me, potrebbe essere un’interpretazione forse troppo “frettolosa”, infatti studiando il popolo maya, si scopre che molti degli abiti, dei copricapi, e degli oggetti sfarzosi indossati dai membri di quest’antica cultura, erano davvero particolari e di ogni genere, basti osservare le numerose statuette maya che potete trovare nel web, che ritraggono alcuni giocatori di palla (presentate spesso dai seguaci della teoria degli antichi astronauti) che sembrerebbero indossare delle specie di tute spaziali, ma che invece erano semplicemente delle specie di corazze protettive usate durante il gioco, come ad esempio quelle dei moderni giocatori di football americano. Per quanto riguarda invece la forma dei flauti, come già detto, influenzati dall’immaginario moderno, potremmo interpretarli come veri e propri velivoli, ma credo che potrebbero essere semplicemente dei modelli di flauto più elaborati di altri, con l’aggiunta di dettagli che nel complesso, ai nostri occhi, risultano tecnologie moderne. Chiaramente, non sapremo mai cosa volessero realmente raffigurare gli artigiani maya con questi manufatti, e le interpretazioni (di tutti), restano solo interpretazioni, ma dal mio punto di vista, tutto è possibile, ho la mente aperta, e non escludo assolutamente la possibilità che in passato qualche artista, abbia voluto rappresentare strane tecnologie ed esseri di altri mondi. Link immagini: linklink

GLI “AEROPLANINI” D’ORO COLOMBIANI

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Questi piccoli monili d’oro, databili attorno al 500-800 d.C, sono stati trovati nelle regioni Calima, Tairona e Tolima dell’attuale Colombia. La forma di questi oggetti è pittosto particolare, e ci potrebbe far pensare alla rappresentazione di piccoli aerei. Gli accademici affermano che siano semplicemente delle rappresentazioni stilizzate di alcune specie di volatili, o di qualche insetto, e insistono nell’affermare che essi presentino senza ombra di dubbio una forma zoomorfa, ma in generale, non è ancora chiaro quale specie di animale riproducano. Alcuni credono che sarebbe strano se questi piccoli manufatti rappresentassero degli uccelli o degli insetti, dato che entrambe le specie possiedono ali che partono dal dorso, e non dal ventre come in tutti questi particolari oggetti d’oro. C’è però, chi ha fatto notare che esistono alcuni pesci presenti nei fiumi di quelle regioni tropicali, che a differenza degli insetti e dei volatili, possiedono le pinne proprio in quella posizione. Potrebbero essere forse delle rappresentazioni di questa specie di pesce? Molti ricercatori, sono tutt’oggi convinti che questi monili d’oro, rappresentino chiaramente degli antichi velivoli, e nel 1996, il tedesco Peter Belting, per testare l’aerodinamicità di tali miniature, realizzò un modellino radiocomandato in scala 1:16, il quale si rivelò incredibilmente adatto al volo e all’atterraggio. Link immagini: linklink Link utili: Modellini colombiani – Peter Belting

L’UCCELLO DI SAQQUARA

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L’Uccello di Saqqara, datato intorno al 200 a.C. fu ritrovato nella tomba di Pa-di-Imen a Saqqara, in Egitto, ed è realizzato in legno del genere sicomoro. Gli egittologi tradizionalisti, concordando che si tratta della rappresentazione di un uccello dalle ali spiegate, benchè con alcuni connotati inconsueti rispetto alle raffigurazioni tradizionali. Il presunto uccello infatti è privo di zampe, e non vi sono intagli che dovrebbero definire le piume, inoltre nelle usuali riproduzioni la coda dei volatili è orizzontale, e data la standardizzazione dell’iconografia non aveva senso realizzarla altrimenti. Molti ricercatori però, credono che il modellino sia molto più di un giocattolo, poichè possiede canoni aerodinamici troppo specifici e di cui addirittura soltanto velivoli odierni sono dotati. Sulla parte finale della coda, sono presenti su entrambi i lati una specie di intagli, dalla quale probabilmente si staccò un ulteriore componente, che secondo alcuni, sarebbe stato simile alle ali dello stesso oggetto ma più piccolo, come una sorta di “alettone”, e alcuni test, provarono addirittura che il “modellino”, è dotato di una straordinaria aerodinamicità. Nella foto a destra potete vedere una ricostruzione moderna dell’Uccello di Saqqara, con l’aggiunta della parte mancante nella parte posteriore della coda. Potrebbe essere la prova che nell’antico Egitto, già al tempo di Pa-di-Imen, si conoscevano le basi del volo, e quindi dell’aerodinamica? Link immagini: link Link utili: Uccello di Saqqara

IL RAZZO DI TROPRAKKALE

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Questa statuetta, secondo ciò che viene riportato in diversi siti, blog e forum presenti sul web, e stata portata alla luce durante alcuni scavi nel sito archeologico di Toprakkale, l’antica Tuspa situata in Turchia. Oggi è conservata presso il Museo Archeologico Topkapi di Istanbul, ma per anni è stata tenuta nascosta all’interno di un armadietto blindato del vicedirettore dello stesso museo, e non fu mai esposta volutamente al pubblico, fino a quando lo scrittore Zecheria Sitchin, dopo numerose azioni e tentativi di mediazione politico scientifica, ottenne l’esposizione temporanea del reperto in una sala remota del museo. L’oggetto, fu studiato da Sitchin, che lo descrisse come “un modello in scala scolpita di ciò che, agli occhi moderni, si presenta come un veicolo spaziale a forma di cono. Questo “veicolo” sembrerebbe alimentato da un gruppo di quattro motori a gas di scarico nella parte posteriore che circonderebbero un motore di scarico più grande. E nel suo centro, il razzo ha spazio per un solo pilota, un pilota che purtroppo è senza testa, che è realmente visibile e incluso nella scultura. È seduto con le gambe piegate in alto verso il petto e indossa una tuta pressurizzata a coste. È un vestito fatto tutto di un pezzo che abbraccia completamente il corpo verso il basso, fino alle gambe e ai piedi.” Effettivamente, ciò che si nota osservando questo manufatto, coincide perfettamente con ciò che riferì Sitchin, sembra proprio di vedere un velivolo spaziale con a bordo un astronauta. Ma nel 2003, vennero fatte delle analisi chimiche e petrografiche per conto del Ministero per i Beni e della Cultura turco, che dimostrarono che il manufatto era stato realizzato in gesso solo 25 anni prima. Incredibilmeete questo controverso reperto si è rilevato un falso, ma per chi volesse studiare i documenti relativi alle sue analisi chimiche, purtroppo le autorità scientifiche turche non hanno rilasciato nessun documento sul web, quindi bisognerebbe recarsi al Museo Archeologico Topkapi di Istanbul e richiedere le fotocopie cartacee delle analisi, presentando chiaramente prima una documentazione di richiesta studi e museo di rappresentanza. La cosa strana però, è che ancora oggi, anche dopo i risultati delle analisi, lo strano oggetto è esposto al pubblico, come uno dei “pezzi” più interessanti del museo. Questa cosa, onestamente non mi torna. Dal momento che i risultati delle analisi chimiche e petrografiche eseguite sul manufatto, risultano praticamente irreperibili a meno che non si lavori per conto di qualche museo, molti ricercatori e seguaci della teoria degli antichi astronauti, restano sulle loro convinzioni, reputando questo manufatto, una rappresentazione di un antico razzo spaziale. Link immagini: link Link utili: BibliotecapleyadesDontaskthatinchurch

ELICOTTERI E AEREI IN ALCUNI GEROGLIFICI EGIZI

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Nel Tempio di Seti I ad Abydos, edificato durante la 19° dinastia dell’Antico Egitto, si trovano alcuni geroglifici che recano immagini in rilievo che hanno un’insolita somiglianza con velivoli moderni. La spiegazione fornita dagli egittologi tradizionali è la mspiegano che dopo Seti I, il figlio Ramesses II, fece apportare delle modifiche al tempio, ma il lavoro fu davvero molto scadente, quindi alcune iscrizioni vennero riscolpite e cesellate in fretta utilizzando il gesso, in alcuni casi solo per rintonacare le iscrizioni, che ovviamente nei millenni si sono sbriciolate o seccate, facendo riaffiorare dalla pietra i vecchi geroglifici. Queste modifiche, per una curiosa casualità, crearono forme e disegni a noi noti come aerei, elicotteri, dischi volanti, sottomarini. Effettivamente, quando osservi per la prima volta un geroglifico del genere, vedi con tutta chiarezza dei velivoli moderni, ma poi il buon senso dovrebbe suggerirti di informarti bene, soprattutto perché per credere che gli antichi egizi abbiano avuto a che fare con questo tipo di tecnologie, dovremmo avere tutte le certezze di questo mondo. I geroglifici in questione, sembrano proprio delle immagini sovrapposte, soprattutto se si osservano le due foto in basso, dove sono presenti altri geroglifici sovrapposti che però, non ricordano nessun tipo di oggetto tecnologico. Ma come sono state realizzate queste sovrapposizioni? Se io volessi ricoprire una parete che presenta già delle incisioni, creerei prima uno strato sopra quello vecchio, e andrei poi ad incidere nuovamente. Non rimarrebbero quindi delle immagini sovrapposte, perché lo strato inciso da me, sarebbe quello nuovo applicato sopra quello vecchio, ma questi geroglifici, sembrano incisi proprio sullo stesso livello, ciò significa che lo strato di intonaco aggiunto sopra i primi geroglifici, era probabilmente sottilissimo. L’archeologia ufficiale ha fornito una soluzione convincente a questo particolare enigma, e anche se ancora oggi, molti sostenitori della teoria degli antichi astronauti, continuano a presentare questo reperto come un indizio della presenza “aliena” in un lontano passato, dal mio punto di vista invece, non rientra nella categoria degli indizi a favore di questa affascinate teoria, che credo sia invece sostenuta da molti altri indizi più interessanti, e soprattutto più “credibili”. Link immagini: link – link – link

GLI ALIENI DI KARAHUNDJ

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Karahunj o Carahunge, noto anche come Zorats Karer o Stonehenge dell’Armenia, è un misterioso sito archeologico antecedente di circa 3.500 anni a Stonehenge e 3.000 anni più antico delle piramidi egizie. In questo luogo, si possono ammirare centinaia di pietre, erette a mo’ di menhir, (un po’ come gli allineamenti di Carnac in Francia) in formazioni circolari, che secondo alcuni, sembrano formare una sorta di osservatorio astronomico. A dare credito a questa teoria, sono le numerose pietre, che presentano fori scavati sulla loro sommità, che sembrerebbero essere stati realizzati per puntare le stelle. Qui a Karahunj, ci sono centinaia di petroglifi risalenti a migliaia di anni fa, così come antiche incisioni rupestri scolpite nella pietra, che secondo alcuni ricercatori “alternativi”, raffigurano degli esseri, simili ai nostri moderni “alieni grigi”. In questo sito, si trovano effettivamente diverse incisioni, che raffigurano esseri con grandi teste, colli allungati e grandi occhi a mandorla, alcuni di essi sono in possesso di quello che sembra essere una ruota, o un dispositivo tecnologico, secondo i sostenitori della teoria degli antichi astronauti. Anche in questo caso, vorrei evitare di fornirvi la mia personale interpretazione, anche perchè non si può non vedere una chiara somiglianza fra questi individui ritratti su pietra e gli alieni grigi dei film hollywoodiani, o quelli che ci vengono presentati nei numerossissimi documentari di Sky. Sono praticamente uguali! Ma naturalmente, come già detto, questa resta una banale interpretazione, e non sapremo mai chi rappresentino realmente quelle incisioni. Alieni? Uomini deformi? Semplici rappresentazioni stilizzate, o artistiche di uomini? O rappresentazioni di uomini realizzate sotto l’effetto di qualche strana droga naturale dell’epoca?  Link Immagini: linklink  Link utili: Karahundj

LA STRANA INCISIONE NEL VILLAGGIO DI NAZLET

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Questa strana incisione, è stata scoperta nel villaggio egiziano di El Samman Nazlet, e si trova nella parte superiore, al centro di una porta della città, è risalirebbe a centinaia di anni. Per molti ricercatori, e anche per me, mostra ciò che sembra un vero e proprio alieno umanoide,  ancora una volta un piccolo grigio, con la testa sproporzionata e gli occhi grandi a mandorla. Ma come ho scritto pocanzi, le interpretazioni purtroppo lasciano il tempo che trovano, e questa ad esempio, anche se simile in tutto e per tutto ad alieni presenti nel nostro immaginario moderno, potrebbe anche essere una semplice rappresentazione stilizzata di un uomo. Link immagini: linklink

L’ASTRONAUTA DI KIEV

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Questo antico manufatto realizzato in oro, proviene dai confini delle steppe ucraine, in cui a partire dalla fine del II millennio a.C., si sarebbero stanziate diverse tribù nomadi guidate da potenti cavalieri, artefici di straordinari oggetti di ogni genere, che furono portati alla luce durante gli scavi eseguiti nelle cosiddette “kurgan”, anche note come “piramidi” delle steppe, ovvero le tipiche sepolture monumentali a tumulo di quella quell’antica cultura. Ebbene, l’oggetto in questione, fu soprannominato dai sostenitori delle teoria degli antichi astronauti, “Astronauta di Kiev”, per lo strano abbigliamento che a loro dire, è simile a quello dei cosmonauti, o sommozzatori moderni. Secondo questi controversi ricercatori, la stuatuetta riproduce uno strano individuo, dotato di casco, una tuta moderna aderente ed elastica, dei guanti. Se quest’opera, fosse stata realizzata in tempi remoti, ovvero nel I o nel II secolo a.C., come affermano erroneamente gli autori di molti siti web, sarebbe stata davvero insolita, perchè a quell’epoca, come dimostrano i reperti archeologici appartententi alle tribù delle steppe ucraine di cui stiamo parlando, non esisteva ancora il tipo di “armatura” indossata dallo strano individuo ritratto in questa statuetta. Ma stando a ciò che ci dice l’archeologia ufficiale, quest’opera risalirebbe ad un periodo storico che va dal VI al VIII secolo d.C., e come potrete constatare da voi (facendo una semplice ricerca sul web), nel VI secolo, quelle tribù nomadi, disponevano già di abbigliamenti e armature simili a quella che si può vedere in questo manufatto, che è stato esposta insieme ad altri reperti provenienti dai musei ucraini, in una mostra tenutasi in Trentino nel 2007 dal titolo, “Gli ori dei cavalieri delle steppe”. Questo, è quindi un classico esempio di come ogni tanto, senza il dovuto approfondimento, alcuni ricercatori e seguaci della teoria degli antichi astronauti, abbiano fornito un’interpretazione forse troppo frettolosa e “forzata”, basata tra l’altro su dati completamente errati. Consiglio nuovamente a tutti, di fare sempre le dovute ricerche in merito ad ogni reperto, prima di presentarlo come se fosse un indizio interessante o decisivo, altrimenti, oltre che prendere un abbaglio, si rischia di screditare anche gli altri indizi archeologici che sicuramente, meriterebbero molta più attenzione. Link immagini: link Link utili: StudioesseciTest.fabi.it

I MANUFATTI DELLA MISTERIOSA CULTURA SANXINGDUI

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Queste stupende opere, provengono dal villaggio di Sanxingdui, situato in Cina, nella provincia di Sichuan. Furono portate alla luce negli anni 80′, durante quella che viene considerata come una delle scoperte archeologiche più importanti fatte in Cina, che costrinse gli storici tradizionalisti a riscrivere la storia antica cinese. Venne infatti scoperta una civiltà fino ad allora sconosciuta agli storici, risalente ad almeno 3.500 anni fa, che fu in grado di realizzare migliaia di manufatti, utilizzando e lavorando con maestria diversi materiali, come la giada, l’avorio, la ceramica, l’oro e il bronzo. La cosa più incredibile, e che lo stile delle insolite opere di questa misteriosa cultura, è decisamente diverso da quello di qualsiasi altro manufatto portato alla luce in territorio cinese. Tra le opere, vi sono alcune maschere e sculture, davvero insolite, che sempre secondo i seguaci della teoria degli antichi astronauti, rappresenterebbero appunto degli antichi visitatori spaziali. Link immagini: linklinklinklink

I MISTERIOSI MEGALITI DI BADA VALLEY

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Bada Valley, talvolta chiamato Napu Valley, si trova in Indonesia sull’isola di Sulawesi, qui, oltre ad una grande varità faunistica, e piante troicali di ogni genere, si possono ammirare centinaia di misteriosi megaliti in pietra, di enormi dimensioni e finemente scolpiti, che secondo la teoria ufficiale risalirebbero almeno al 1400 a.C., ma secondo alcuni ricercatori, potrebbero essere stati realizzati in tempi più remoti. Purtroppo l’origine di queste magnifiche opere è tutt’ora ignota, infatti nessuno degli abitanti di Sulawesi ricorda o sa quale popolo li abbia eretti, ne tantomeno da quando sono lì. C’è chi li ha paragonati addirittura alle statue moai dell’isola di Pasqua, chi invece ai megaliti preistorici europei. Ma quale dovrebbe essere il loro reale significato? Come sono state trasportate dalle cave da cui provengono? E quale popolo le realizzò? Tutt’oggi, queste enormi sculture in pietra, sono oggetto di dibattito fra i sostenitori della teoria degli antichi astronauti, che sostengono che gli individui raffigurati, potrebbero rappresentare dei veri e propri alieni che molto tempo fa, entrarono in contatto con il popolo che viveva in quell’area geografica. Link immagini: linklink link

LE ENIGMATICHE SCULTURE TEMEHEA TOHUA

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Queste particolari sculture si trovano su Nuku Hiva, l’isola maggiore dell’arcipelago delle Isole Marchesi situate nell’Oceano Pacifico, Temehea Tohua il sito dove sono sono collocate queste strane sculture, è la casa ancestrale di Vaekehu, l’ultima regina di Taiohae, ovvero la città principale dell’isola. Quest’isola è unica per le sue strane statue che secondo alcuni ricercatori, raffigurerebbero creature non terrestri. Sono in molti a voler svelare l’enigma delle sculture Temehea Tohua. Rappresentano realmente esseri extraterrestri, o sono il frutto dell’immaginazione degli aborigeni polinesiani? Link immagini: linklinklinklink

Questa, era la prima parte di una serie di articoli che troverete esposti di volta in volta nel mio blog, in cui vi presenterò numerosi indizi archeologici riguardanti la “Teoria degli antichi astronauti”.  Attraverso le immagini che vi fornirò, potrete anche voi esporre la vostra interpretazione ed elaborare le vostre ipotesi, ma soprattutto, avrete modo di approfondire questa teoria, che almeno, dal mio punto di vista, è sempre stata davvero affascinante. Per chi volesse approfondire questa tematica, vi consiglio di guardare “Enigmi alieni” (Ancient Aliens), un programma televisivo statunitense trasmesso a partire dal 2010 su “History Channel” e attualmente giunto alla sesta edizione. Miraccomando, prendete sempre ciò che vi viene detto come una teoria, e non una verità assoluta, soprattutto se vi capiterà di guardare qualche puntata del programma che vi ho appena consigliato, occhio a non prendere abbagli.

L’analisi degli indizi a favore della teoria degli antichi astronauti continua nel seguente articolo: Link