CHE FINE HA FATTO L’ARCA DELL’ALLEANZA?

CATEGORIA: SULLE ORME DEI TESTI BIBLICI

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“Joshua passing the River Jordan with the Ark of the Covenant” – Benjamin West, 1800

L’Arca dell’Alleanza, rappresenta uno dei misteri più grandi di sempre, e da secoli ormai, è senza alcun dubbio il manufatto più ambito dagli archeologi di tutto il mondo. Un oggetto così enigmatico da suscitare, oltre che l’interesse dei religiosi, degli storici o degli esploratori di fama mondiale, anche l’attenzione di svariati scrittori, documentaristi, e produttori cinematografici, come nel caso di George Lucas, che assieme al famoso regista Steven Spielberg, dedicò a questo leggendario reperto un bellissimo film d’avventura divenuto un vero e proprio “cult” del genere, ovvero “I predatori dell’Arca perduta”, con il mitico archeologo ed avventuriero Indiana Jones, interpretato interamente senza controfigure da un giovane ed atletico Harrison Ford. Ma il racconto della costruzione e dell’utilizzo dell’Arca, che ispirò migliaia di persone nel corso della storia, lo si ritrova naturalmente fra le pagine della Bibbia. La sua costruzione, fu ordinata direttamente da Yahweh a Mosè, e in pratica, l’Arca stessa avrebbe costituito il segno visibile della presenza di Yahweh in mezzo al suo popolo. Forse, furono proprio questi dettagli così significativi ad attirare l’attenzione dei religiosi, degli studiosi, dei produttori cinematografici e del pubblico.

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Immagine presa da acmearchivesdirect

Ma qual’era l’aspetto di questo leggendario manufatto voluto dal “signore degli eserciti”? Leggendo la Bibbia, troviamo una descrizione dettagliata dell’Arca nel libro dell’Esodo: essa si presentava come una cassa di legno di acacia rivestita d’oro, sia all’interno che all’esterno, era di forma parallelepipeda, con un coperchio (propiziatorio) d’oro puro sul quale erano collocate due statue di cherubini anch’esse d’oro con le ali spiegate (attenzione: i cherubini di tradizione ebraica, ricordano molto più degli oggetti tecnologici piuttosto che gli “angioletti dai riccioli d’oro” di tradizione cristiana, basta leggere i passi biblici in cui essi vengono citati per avere un’idea più chiara di cosa fossero realmente). Le dimensioni della cassa erano, due cubiti e mezzo di lunghezza e un cubito e mezzo di larghezza e altezza, ovvero circa 110×66×66 cm. Ai lati erano fissate con quattro anelli d’oro due stanghe di legno dorato, che servivano proprio per sollevare l’Arca quando la si trasportava. Mentre all’interno della stessa cassa, erano conservati un vaso d’oro contenente la manna, la verga di Aronne e le Tavole della Legge, ma leggendo alcuni passi biblici (Deuteronomio 10, 1-5; 1 Re 8, 9; 2 Cronache 5, 2-10), scopriamo che al momento dell’inaugurazione del Tempio di Salomone, essa conteneva esclusivamente le Tavole della Legge.

Il compito di trasportare l’Arca era riservato solo ai Leviti, ed era assulutamente vietato a chiunque altro toccarla. Secondo la tradizione, l’Arca veniva trasportata coperta da un telo di pelle di tasso, a sua volta coperto da un ulteriore telo di stoffa turchino e, ogni volta che il popolo ebraico si fermava, veniva posta in una tenda specifica, chiamata “Tenda del Signore” o “Tenda del convegno”, senza che venisse mai esposta al pubblico, se non in casi eccezionali. A proposito della Tenda del convegno, essa si componeva di due grandi “camere”: la prima detta “Santo”, conteneva il “Menorah”, ovvero il candelabro d’oro a sette bracci, il tavolo per i “pani di proposizione” e l’altare dell’incenso, mentre la seconda camera, il “Sancto Sanctorum”, conteneva l’Arca dell’Alleanza.

Quando Davide fece trasportare a Gerusalemme l’Arca, ad un certo punto durante il viaggio essa si inclinò rischiando di cadere, e un uomo di nome Uzzà decise di appoggiarsi per sostenerla, ma in un istante cadde morto sul posto. Inoltre, la leggenda vuole che l’Arca, in alcune situazioni si adornasse di un alone di luce e che da essa scaturissero dei “lampi di luce divini”, delle folgori capaci di incenerire chiunque ne fosse colpito e nel caso non avesse rispettato il divieto di avvicinarsi. Ma non è tutto, perchè sempre tramite l’Arca, Mosè era in grado addirittura di parlare con Yahweh, che compariva seduto su un trono fra i due cherubini posti sopra il coperchio. Prendendo alla lettera la descrizione biblica dell’oggetto e del suo utilizzo, viene da chiedersi se esso non fosse altro che una specie di “oggetto tecnologico”, perchè da come ci viene presentato, sembrerebbe proprio una sorta di “condensatore elettrico” con più di una funzione: la fuoriuscita di lampi e folgori capaci di distruggere ed incenerire le persone, suggerisce appunto un utilizzo militare, come se la stessa Arca fosse stata una vera e propria arma, mentre la possibilità di parlare direttamente con Yahweh, che appariva su di essa fra i due cherubini, potrebbe ricordare un sistema “futuristico” ad ologrammi. In effetti, le indicazioni minuziose e puntigliose per la sua costruzione, così dettagliate e precise proprio sull’utilizzo dei materiali, e il divieto più assoluto di toccare la stessa cassa, non può non farci venire in mente un oggetto altamente tecnologico e pericoloso, accompagnato dalle dovute precauzione per essere prima realizzato, e poi messo in funzione. Ad oggi, su un oggetto del genere troveremmo sicuramente applicato un bel cartello giallo di pericolo dalla forma triangolare, non credete? Possibile che il popolo di Yahweh, abbia davvero avuto a che fare con un tipo di tecnologia del genere? Qui di seguito, potete intanto vedere una ricostruzione moderna dell’arca.

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Dopo la descrizione del suo aspetto, e alcune considerazioni rispetto al suo utilizzo, vediamo ora più nel dettaglio alcuni degli spostamenti più significativi che fece l’Arca nel corso degli eventi biblici.

–  Durante la peregrinazione degli Israeliti nel deserto, l’Arca rimase sempre nel loro accampamento, spostandosi insieme a loro.

–  Dopo l’entrata del popolo ebraico nel paese d’Israele, la Tenda del convegno fu eretta a Silo e vi rimase fino al tempo di Samuele. (Giosuè 18, 1)

–  A quel tempo gli Israeliti decisero di portare l’Arca in battaglia contro i Filistei perché assicurasse loro la vittoria, ma vennero comunque sconfitti e l’Arca fu catturata dal nemico. (1 Samuele 4, 1-11)

–  Scoppiò però una grave pestilenza tra i Filistei a causa della presenza dell’Arca tra loro, per cui dopo sette mesi decisero di restituirla agli ebrei. (1 Samuele 5-6)

–  L’Arca fu quindi posta nella città di Kiriat-Iearim. (1 Samuele 7, 1)

–  Rimase a Kiriat-Iearim finché il re Davide la fece trasferire nella “città di Davide”, ossia la rocca di Gerusalemme. (2 Samuele 6)

–  L’Arca, trovò la sua collocazione definitiva quando Salomone, figlio e successore di Davide, la fece collocare nel “Debir”, ovvero il Sancta Sanctorum del Tempio di Gerusalemme da lui fatto costruire nella seconda metà del X secolo a.C.. (1 Re 8, 1-9). Da quel momento, l’Arca sembra essere custodita nel Tempio di Salomone, ma essendo riposta nel Sancta Sanctorum, un luogo il cui accesso era consentito solo ad un gruppo selezionato di Leviti, ed assolutamente vietato al resto dei fedeli e alla maggioranza dei sacerdoti, non abbiamo testimonianze oculari di essa all’interno del Tempio.

–  Successivamente, con l’arrivo dei Babilonesi e la conquista di Gerusalemme agli inizi del VI secolo a.C., dell’Arca non vi è già più traccia. In un passo che parla del saccheggio degli arredi sacri del Tempio, vengono elencati in modo minuzioso tutti gli oggetti che furono portati a Babilonia, ma non si fa menzione alcuna dell’Arca dell’Alleanza. (2 Re 25, 8-17)

–  Secondo il libro di “Esdra”, Ciro, re dei Persiani, restituì gli arredi sacri nel 538 a.C., che evidentemente erano stati custoditi a Babilonia durante l’esilio, ma ancora una volta non viene nominata l’Arca.

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Trasporto dell’Arca durante l’assedio di Gerico, illustrazione del XVIII secolo.

Ancora oggi, c’è chi sostiene che i resoconti biblici raccontino solo un mucchio di fantasie, ma, man mano che si va avanti, anche grazie alle nuove tecnologie, e ad un sempre più maggior interesse per questo antico testo, da parte sia dei ricercatori che dello stesso pubblico, stanno venendo alla luce le tracce, gli indizi, e le prove della veridicità delle vicende descritte. Detto questo, è possibile che l’Arca dell’Alleanza sia esistita realmente, o come invece ritengono molti scettici, si tratta solo di un oggetto di fantasia?

Tempo fa, trovai su YouTube un’interessantissima (come al solito) conferenza di Mauro Biglino (per chi ancora non lo conoscesse, in fondo all’articolo troverà dei link per approfondire i suoi studi, il link diretto alla conferenza in questione, oltre che questi due miei articoli in cui parlo anche di lui, link link) dedicata al discorso delle dieci piaghe d’Egitto, in cui ad un certo punto espose in maniera molto chiara anche alcuni aneddoti relativi ad una particolare tribù di Israele, che avrebbe avuto a che fare direttamente con l’Arca…stiamo parlando della tribù dei Daniti. Durante l’Esodo biblico, fra le tribù di Israele che uscirono dall’Egitto c’era appunto anche la “tribù dei Daniti”, che come ci rivelerà la stessa Bibbia nel cantico di Debora, vennero rimproverati per non essersi mossi all’appello di guerra contro l’oppressore “per attendere alle loro navi” (Giudici, V, 17). Quindi, da ciò che pare di leggere, ad un certo punto questi Daniti decisero di non partecipare più alla guerra, preferendo aspettare a bordo delle loro navi. Ma questo è un dettaglio molto strano se consideriamo che fino a quel momento, i fatti sembrerebbero svolgersi esclusivamente in territorio desertico. Questo particolare così significativo, ci porta giustamente a considerare che i Daniti, in realtà fossero dei navigatori giunti dal mare, piuttosto che un popolo proveniente dalla terraferma. Inoltre, sempre stando a ciò che riferisce la Bibbia, nel “Libro dell’Apocalisse (capitolo 7, 5-8) quando si parla della “salvezza finale”, in cui verranno scelti quei 12.000 da salvare fra le tribù, quella dei Daniti non viene più menzionata, quindi per il libro dell’Apocalisse, i Daniti alla fine non faranno più parte delle tribù di Israele da salvare. Ma allora dove sono andati a finire? Seguendo le tracce di questa tribù di guerrieri/marinai, lo stesso Mauro Biglino porta all’attenzione del pubblico l’antica Micene, dove all’epoca dell’Esodo, sarebbe vissuto un altro popolo marittimo di guerrieri, ovvero quello dei Danai. Ma la cosa più affascinante, è che studiando le origini dei Daniti, come quelle dei Danai, scopriamo come essi in effetti altro non siano che lo stesso popolo. I Daniti infatti erano i discendenti di Dan, figlio di Bela, mentre i Danai, erano i discendenti di Danao, figlio di Belo. E’ chiaro che questa non può essere una banale coincidenza, o no? In pratica i Daniti erano gli stessi Danai micenei, che a loro volta, come abbiamo visto in questo articolo (link), stando agli studi e alle ricerche di Felice Vinci, sarebbero giunti nel Mediterraneo arrivando dal nord Europa, dai territori del Baltico e della Scandinavia (ma questa è un’altra storia, che però vi suggerisco di approfondire). Molto probabilmente, questo grande popolo di navigatori, a quel tempo era così attivo nel Mediterraneo, che un suo grosso contingente militare fu assoldato proprio da Mosè (e non solo) per scortare nel deserto il resto del popolo uscente dall’Egitto (che in realtà, non uscì realmente dall’Egitto, dato che almeno all’epoca, esso era molto più vasto di come lo è oggi, e si estendeva anche a nord verso l’attuale Turchia). E sempre seguendo alla lettera la Bibbia, scopriamo il dettaglio decisamente più interessante per la nostra ricerca, cioè che proprio alcuni Daniti/Danai con a capo un certo Ooliab, furono incaricati di costruire la “Tenda del convegno”, che come abbiamo già detto, al suo interno custodiva anche l’Arca dell’Alleanza. Non solo, perchè sempre Ooliab “il danita”, insieme ad un tale di nome Bezaleel della tribù di Giuda, ebbe il compito di costruire anche una parte della stessa Arca. Quindi, oltre che Mosè, Aronne e i suoi figli, anche i Daniti/Danai (sicuramente Ooliab) ebbero la possibilità di osservare l’interno della Tenda del convegno una volta completata, con tanto di arredi, ma soprattutto con quegli strani oggetti d’oro voluti da Yahweh. Ebbene, nella stessa conferenza dedicata a questo argomento, Mauro Biglino presenta uno degli indizi a mio dire più intriganti, che suggerirebbe la reale esistenza dell’Arca dell’Alleanza in epoca antica. Proprio nelle rovine di Micene, ovvero la probabile patria di coloro che non solo edificarono la Tenda del convegno, ma anche la stessa Arca, furono portati alla luce diversi manufatti realizzati in oro, oggi esposti al Museo di Archeologia di Atene, e fra questi, c’era anche un particolare oggetto, che ricorda incredibilmente l’Arca dell’Alleanza, almeno per come viene descritta nel testo biblico. Qui di seguito potete vedere il manufatto d’oro miceneo, che raffigura: in primo piano la presunta Arca, mentre dietro di essa sono visibili dei gradini che portano a quello che ricorda l’altare delle offerte con i quattro corni.

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Immagine prese da keywordsuggest

In pratica, questa potrebbe essere la raffigurazione di ciò che avremmo visto (frontalmente) se fossimo riusciti ad entrare nella parte più interna della Tenda del convegno. Avremmo infatti visto per prima cosa l’Arca dell’Alleanza, e subito dietro, più in alto, l’altare delle offerte munito di corna in cima ad una piccola scalinata. Qui di seguito, da “buon designer” che sono, ho ridisegnato “a grandi linee” il gioiello miceneo, per farvi capire più nel dettaglio come esso si compone.

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Illustrazione a cura di Misteri del Passato

Naturalmente, non possiamo avere la certezza “matematica” che quella raffigurata su questo splendido gioiello d’oro sia la vera e propria Arca descritta nella Bibbia, ma penso che ritrovare questo genere di raffigurazione, guarda caso presso l’antica città degli architetti, e costruttori della tenda in cui venne custodita l’Arca, sia davvero molto affascinante. A mio dire, è un dettaglio davvero singolare!

Ok…forse l’Arca dell’Alleanza è esistita realmente…ma che fine ha fatto?

IPOTESI BIBLICASecondo la Bibbia (in un testo che però è ritenuto non canonico da Ebrei e Riformati), l’Arca dell’Alleanza sarebbe stata nascosta dal profeta Geremia all’interno del monte Sinai (cfr 2Mac 2,4-8).

IPOTESI STORICALa maggior parte degli storici e degli archeologi ipotizzano che il manufatto sia andato perso prima del VI secolo a.C., o per cause accidentali, ad esempio un incendio, o a causa di un saccheggio. Essendo fatta principalmente di materiali deperibili come il legno, l’Arca potrebbe essere andata distrutta in un incendio, e il fatto potrebbe essere stato tenuto comprensibilmente nascosto dalla classe sacerdotale. Nei tempi antichi, era comune il divampare di piccoli e grandi incendi, in città realizzate con abbondante uso di legno, paglia e stoffe, e per la continua presenza di fiamme libere. Altra possibilità è che il manufatto, realizzato con oro, sia stato rubato, distrutto e disperso dalle truppe che nei secoli hanno più volte saccheggiato il Tempio di Gerusalemme.

IPOTESI ESEGESI EBRAICA – “L’Arca è stata nascosta al suo posto” (Talmud – Yoma). Secondo quest’affermazione del Talmud, si ritiene che l’Arca sia ancora situata nel luogo originario del Sancta Sanctorum: infatti già re Salomone, poiché profetizzò la futura distruzione del Tempio, fece costruire un luogo sotterraneo in cui nasconderla nel caso di attacchi nemici. La tradizione ebraica vuole che re Giosia l’abbia poi nascosta 22 anni prima della distruzione del Tempio fatto costruire da re Salomone. Si insegna infatti che anche durante gli anni del secondo Tempio di Gerusalemme, essa non si trovasse all’interno del Sancta Sanctorum, ma sempre in un luogo sotterraneo del Tempio, non mancando comunque la sua funzione di “santità”. Si ritiene infatti che la “Gloria divina”, si sia rivelata durante il periodo del primo Tempio ma non durante quello del secondo sebbene fosse comunque presente.

IPOTESI ROMANI – Leggendo alcuni testi antichi, come ad esempio le “Omelie” di Giovanni Crisostomo, o altre opere di autori dell’epoca come Rufino di Aquileia, Ammiano Marcellino, Socrate Scolastico, Teodoreto di Cirro o Gregorio Nazianzeno, troviamo diverse descrizioni di come a Gerusalemme, sotto il governo dell’imperatore romano Giuliano l’Apostata (361 d.C.), l’Arca si sia nuovamente “messa in funzione”. In pratica, l’imperatore Giuliano concesse agli ebrei di ricostruire il Tempio dopo sua la distruzione completa da parte delle legioni romane avvenuta nel 70 d.C., ma ogni volta che essi provarono a restaurarlo cercando di ricostruirlo dalle sue fondamenta, dal sottosuolo fuoriusciva un gran fuoco, e globi di fiamme che uccidevano qualunque operaio si fosse avvicinato. Secondo questi antichi  resoconti, che sembrano essere usciti direttamente da un film di fantascienza, questa fu proprio la causa per cui il Tempio non fu mai più ricostruito. Viene da chiedersi se questi strani globi di fuoco furono prodotti dalla misteriosa Arca dell’Alleanza, che forse, all’epoca si trovava proprio sotto lo stesso Tempio. Ma stando ad altri resoconti di epoca romana, tra i vari “nascondigli” dell’Arca, troviamo anche la capitale d’Italia, Roma. Stando infatti a ciò che riferisce Santo Brasca, in un suo testo del 1480, fra gli oggetti sacri recuperati dal Tempio di Gerusalemme da Vespasiano e Tito, c’era anche l’Arca dell’Allenaza, che fu portata a Roma e riposta nella basilica si San Giovanni Laterano, dove infatti troviamo ancora oggi un’iscrizione del XIII secolo chiamata “Tabula Magna Lateranensis” che recita: “Sotto questo altare c’è l’Arca del Patto, la verga di Mosè e la verga di Aronne. Vi è il candelabro d’oro, il turibolo d’oro pieno di incenso e un’urna d’oro piena di manna e dei resti dei pani dell’offerta”. L’ipotesi secondo cui l’Arca si trovi ancora a Roma, almeno dal mio punto di vista, merita sicuramente molta attenzione, e andrebbe giustamente approfondita, ma stando a ciò che invece scrive lo storico dell’epoca Giuseppe Flavio nelle sue famose “Guerre Giudaiche”, saccheggiando il Tempio di Gerusalemme, i Romani portarono con sè a Roma vari oggetti sacri, ma dall’elenco fornito dall’autore, non vi è assolutamente traccia dell’Arca.

IPOTESI ETIOPE – Secondo un’antica tradizione contenuta nel testo sacro etiope “Kebra Nagast”, il “Libro della Gloria dei Re”, l’Arca sarebbe invece stata donata dal Re Salomone nella seconda metà del X secolo a.C. a Menelik, il figlio da lui avuto dalla regina di Saba, leggendaria fondatrice della nazione etiope. Ma secondo un’altra versione, Salomone volle donare a Menelik una copia dell’Arca, ma questi la scambiò di nascosto con l’originale.

Altre credenze etiopi, suggeriscono che l’Arca dell’Alleanza sia custodita in segreto da molti secoli a Lalibela, una città rurale situata nel nord dell’Etiopia, nella Regione degli Amara. Lalibela è famosa soprattutto per le sue undici chiese monolitiche scavate nella roccia viva, che sono una significativa impresa dal punto di vista ingegneristico. La configurazione e i nomi dei principali edifici sono una rappresentazione simbolica di Gerusalemme. Benchè la loro datazione non sia ben definita, infatti vi è una certa polemica in merito alla data di costruzione, l’idea prevalente è che siano state costruite durante il regno del visionario sovrano etiope Lalibela, nel corso dei secoli XII e XIII d.C.. C’è però anche chi, come lo scrittore Graham Hancock, suggerisce che le chiese possano essere state ralizzate con l’aiuto dei Cavalieri Templari. Possibile che in una di queste incredibili chiese di Lalibela si trovi realmente custodita l’Arca dell’Alleanza? Qui di seguito delle foto di Lalibela.

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Analizzando le tradizioni etiopi, troviamo però diverse versioni sul destino dell’Arca, e a quanto pare, oltre che le chiese di Lalibela, vi è ancora oggi una chiesa cristiana di rito copto in Etiopia ad Axum, la S. Maria di Sion, nella quale i religiosi etiopi sostengono di conservare l’Arca. Il problema è che tale affermazione non può però essere verificata in quanto, secondo gli stessi religiosi, l’Arca è un oggetto così sacro che a nessuno può essere permesso di vederla. L’unica persona a cui è concesso questo privilegio è il suo custode, che vive in solitudine nella cappella dove sarebbe riposta l’Arca senza avere contatti col mondo, e alla protezione della reliquia dedica la sua intera vita. Ma dal mio punto di vista, credo che se un oggetto di tale importanza fosse realmente custodito qui, i servizi segreti di tutto il mondo ne sarebbero sicuramente a conoscenza già da molto tempo. Non penso proprio che organizzazioni di questa natura abbiano preferito lasciare l’Arca in Etiopia, custodita da una singola persona, fra le mura di una piccola chiesa alla mercè di possibili criminali, gruppi armati e terroristi. Ma soprattutto, credo che come nei “Predatori dell’Arca perduta” di Lucas e Spielberg, le potenti organizzazioni di tutto il mondo avrebbero fatto a gara per riuscire ad impossessarsi di una reliquia del genere. Qui di seguito una foto della chiesa S. Maria di Sion, in cui gli etiopi sostengono di custodire l’Arca.

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Immagine presa da superviaggi

IPOTESI TEMPLARI IN AMERICA – Diversi studiosi ritengono che, oltre ad essere stati i custodi di grandi tesori, i Cavalieri Templari abbiano avuto a che fare anche con antiche reliquie sacre, compresa l’Arca dell’Alleanza. Alcune leggende suggeriscono che i Templari l’abbiano nascosta per secoli, spostandola di volta in volta in diverse parti del mondo, e che ad un certo punto, per via delle persecuzioni scattate il Venerdì 13 Ottobre del 1307 da parte del Re di Francia Filippo “il Bello”, abbiano addirittura deciso di attraversare l’Oceano Atlantico per fuggire nelle Americhe (prima di Colombo). Nel documentario “America Sepolta” in onda su Focus, (2° serie – 1° puntata) si parla proprio di questa ipotesi. Esistono alcuni indizi archeologici che suggeriscono proprio il loro arrivo in America, per approfondire questo argomento, vi consiglio di guardare appunto alcune puntate del documentario in questione. Secondo il geologo forense Scott Wolter (protagonista del documentario, di cui vi avevo già parlato in alcuni articoli, linklinklink), i Cavalieri Templari sarebbero sbarcati in America secoli prima di Cristoforo Colombo, e avrebbero nascosto proprio in territorio americano i loro tesori, compresa l’Arca dell’Alleanza. Incredibilmente, un antico petroglifo, ancora oggi visibile presso alcune rovine dell’antica cultura Pueblo dell’Arizona, Stati Uniti, ricorda proprio il particolare manufatto biblico voluto da Yahweh. A detta degli esperti, l’immagine non ricorda affatto nessun altro tipo di petroglifo realizzato dai Pueblo, quindi non solo esso è diverso da tutte le immagini che troviamo disegnate sulle rocce del sito (a parte un altro petroglifo di cui parleremo fra un attimo), ma sarebbe proprio unico nel suo genere. Ecco qui di seguito delle immagini del particolare petroglifo (foto in alto, e foto in basso a sinistra), mentre la foto in basso a destra, riprende invece altri petroglifi (realizzati sempre nello stesso sito), che però, ci riportano anch’esse chiaramente al “mondo religioso cristiano”, dato che troviamo raffigurata una croce con al fianco un’altra specie di cassa con incise delle tre “X”.

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Immagini prese da parahauntpost

Qui di seguito potete vedere una ricostruzione della pittura rupestre dei Pueblo.

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Illustrazione a cura di Misteri del Passato

Come vedete, abbiamo a che fare con una specie di cassa, composta da due riquadri decorati con motivi geometrici semplici, mentre nella parte superiore troviamo, al centro una fila di cinque “triangoli”, e ai lati qualcosa che potrebbe assolutamente ricordare i due cherubini posti sull’Arca. Dal momento che il pertoglifo, come abbiamo già detto risulta completamente diverso da tutti gli altri che si trovano in quell’area geografica, forse potrebbe davvero rappresentare un oggetto “misterioso”, estraneo a quella cultura. Non è da escludere che esso possa rappresentare davvero l’Arca dell’Alleanza, e i Pueblo, magari videro proprio i Templari trasportare la reliquia nel deserto dell’Arizona, prima di collocarla definitivamente in un nascondiglio ben protetto. Esistono infatti diverse storie che parlano di grotte e nascondigli contenenti grandi tesori proprio nel Grand Canyon, un luogo effettivamente ideale se si vuole nascondere un tesoro. Forse, come suggerisce Scott Wolter, i Cavalieri Templari raggiunsero davvero l’America per fuggire dalle persecuzioni in Europa, e forse, nascosero da qualche parte nel Grand Canyon i loro tesori, assieme all’Arca dell’Alleanza. Anche in questo caso, come per il gioiello miceneo di cui abbiamo già parlato, non possiamo avere la certezza che quella raffigurata nel petroglifo sia la vera Arca, resta solo un’ipotesi, ma che dal mio punto di vista almeno, è davvero molto affascinante e suggestiva!

Conclusioni: Se prendessimo alla lettera ogni ipotesi, l’Arca dell’Alleanza potrebbe davvero essere nascosta ovunque, a Gerusalemme, in Etiopia, a Roma o addirittura in America. Le teorie sul suo destino sono molte (nell’articolo ne ho inserite solo alcune, quelle che ho reputato più interessanti) e ognuna di esse, merita sicuramente molta attenzione. Forse qualche fortunato ricercatore nel corso della storia riuscì a trovarla, ed oggi potrebbe essere custodita in qualche bunker segreto, o forse, questa misteriosa reliquia venne realmente distrutta durante gli assedi al Tempio di Gerusalemme, chi lo può sapere con certezza?

Link utili:

Arca dell’alleanza

Conferenza Mauro Biglino – Dieci piaghe / Esodo

Mauro Biglino

Tribù di Dan – Daniti

Danai

Micenei

Giovanni Crisostomo

San Giovanni in Laterano

Gloria dei Re – Kebra Nagast

Lalibela

S. Maria di Sion – Etiopia

Arca dell’alleanza in America?

Pueblo